Liti condominiali

Rumori, litigi, getto di cose pericolose dal balcone, infiltrazioni: tutto sulle liti in condominio, sui poteri dell’amministratore e come risolverli.
Gli italiani non amano troppo rumori e odori molesti, ma anche un uso disinvolto delle parti comuni, dispute con l’amministratore, piante invadenti sui balconi dei vicini e animali domestici dispettosi.
La lista delle doglianze condominiali è infinita. Molto spesso tendiamo a essere ben poco tolleranti nei confronti dei condomini disturbatori. Alla fine, però, l’intolleranza si spinge ai limiti del masochismo: pur di farla pagare al vicino, siamo disposti a scatenare cause per “questioni di principio”. Sennonché, poi, puntualmente si scopre che ogni giudizio ha, in media, una durata di non meno di tre anni solo per il primo grado, costi significativi (dai 2 ai 3 mila euro) e risultati tutt’altro che  definitivi: spesso neppure una sentenza riesce a far cessare del tutto un comportamento molesto, e se subentra una condanna al pagamento di un risarcimento, la riscossione è tutt’altro che scontata.
Ecco perché, prima di rivolgersi a un avvocato e attivare una causa farraginosa e dagli esiti incerti, è sempre meglio valutare la possibilità di risolvere le cose in via amichevole.
La prima figura che è tenuta a intervenire è chiaramente il condomino stesso, infatti, l’amministratore non può intervenire per le questioni concernenti controversie private tra due condomini, cioè nei casi in cui si tratti di tutelare una delle due proprietà individuali.
Ad esempio. L’amministratore non può intervenire se Tizio butta materiale sotto la finestra, sporcando il balcone di Caio; se Tizio insulta Caio o riempie di cartacce la sua cassetta delle lettere; se dall’appartamento di Tizio giungono infiltrazioni d’acqua nell’appartamento di Caio ed è dimostrato che la perdita non dipende da tubature di proprietà del condominio.
A essere precisi, ogni singolo condomino può rivolgersi al giudice, nel caso in cui ritenga che il regolamento sia stato violato da uno dei vicini: prima di ricorrere, però, all’arma finale della giustizia civile, meglio consultare l’amministratore che potrebbe comunque intervenire tramite un sollecito in due casi:
– quando la lite riguarda un comportamento che costituisce anche violazione del regolamento condominiale; ad esempio un condomino che, a differenza di quanto prescritto nel regolamento, usa l’aspirapolvere di notte; un soggetto che lascia puntualmente il portone dell’edificio aperto, agevolando l’ingresso di sconosciuti nello stabile, ecc.
– quando la lite riguarda questioni legate all’uso delle parti comuni; ad esempio un condomino che parcheggia l’auto nel giardino in modo da impedire il transito alle altre auto, oppure un condomino che sporca l’ascensore ecc.
Quest’ultimo può infatti avvisare verbalmente il colpevole e, se non basta, richiamarlo all’ordine in via formale con una raccomandata indicandone la provenienza della denuncia e documentando i fatti con immagini fotografiche e testimonianze pervenute in suo possesso dai condomini che denunciano il fatto.
Nel caso di richiesta di intervento alla magistratura, generalmente l’organo coinvolto è il giudice di pace. Attenzione, però: la strada è lunga, i costi tutt’altro che irrisori e se il comportamento da punire è di minore entità e difficilmente documentabile, l’esito è tutt’altro che certo.
Proprio per evitare l’intasamento degli uffici del giudice di pace per questioni che non si riesce a gestire senza entrare in conflitto, la legge sulla mediazione entrata in vigore a settembre 2013, ha imposto a chi volesse intentare una causa condominiale, l’obbligo di tentare un accordo di mediazione prima di andare in giudizio.
Anzitutto, l’incontro tra le parti e il mediatore deve avvenire in uno degli organismi abilitati: l’elenco lo trovate sul sito del ministero della Giustizia (www.giustizia.it). A questo proposito, ricordatevi che è obbligatorio che la mediazione sia tenuta all’interno della circoscrizione per cui è competente il tribunale del luogo dove si trova il condominio.
Attenzione: la mediazione è obbligatoria solo per dispute relative a cause che riguardano il condominio (uso parti comuni, regolamento condominiale…) e non per i rapporti di vicinato, che esulano da questi aspetti, per i quali, comunque, è possibile ricorrervi volontariamente. Infine, se le parti arrivano a un accordo, questo viene steso dal mediatore ed entrambi sono tenuti a rispettarlo. Il mediatore non prende nessuna decisione: non è un giudice e nemmeno un arbitro. Il suo compito è aiutare le parti a raggiungere un accordo. Se non si arriva a una decisione condivisa, il tentativo si conclude nel nulla e si può procedere con la causa vera e propria.
Se i problemi esulano dai comportamenti elencati nel regolamento condominiale, si entra nel campo delle controversie tra i vicini, le così dette liti extra condominiali.
In questo caso, i punti che ne determinano la deflagrazione sono più comunemente le immissioni (odori, vapori, ecc.) e i rumori molesti. Secondo la giurisprudenza chi può innescare il giudizio è soltanto colui che ritiene di essere molestato, sia che si tratti del proprietario dell’immobile sia che si tratti dell’inquilino. Per i disturbi che provengono da un’attività commerciale o artigianale, il primo passo è rivolgersi all’Asl o alla polizia